“Ho sempre meno voglia di giocare a calcio. Non riesco a concentrarmi solo sul campo. Vorrei solamente aiutare il mio club e giocare per la mia famiglia, ma non sempre riesco”.
Parole che risuonano, sorde, in tutto il mondo. O almeno tra chi ha sensibilità di fermarsi, comprenderle e raccoglierle. Tra chi va oltre lo stipendio esorbitante e la possibilità di divertirsi 20 ore al giorno. È superfluo soffermarsi sulla retorica del “siamo del 2024”, del “il razzismo non dovrebbe esistere”, del “siamo tutti uguali”, ma è altrettanto fondamentale ribadire che il problema esiste, concretamente, ancora. In Svizzera, come in Italia, come in Spagna, come in Europa, nel mondo.
Che si decida di andare oltre senza voltarsi, opporsi, giustificare, indignarsi o schierarsi coi soprusi, la verità è una soltanto. Se uno dei cinque, o forse tre, giocatori più forti del mondo non ha più voglia di giocare al pallone, se un ragazzo di 24 anni non ha più voglia di giocare al pallone, se un multi milionario (per chi ragiona in questi termini) non ha più voglia di giocare a pallone, se la stella del Real Madrid non ha più voglia di giocare a pallone, se la stella della nazionale più coronata al mondo non ha più voglia di giocare al pallone, se chi ha fatto del divertimento e della fantasia la sua miglior freccia non ha più voglia di giocare a pallone, se un sudamericano, brasiliano e carioca non ha più voglia di giocare a pallone,
abbiamo veramente perso tutti.
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