Come fate a chiamarlo solo un gioco? Non è tanto il termine “gioco” – e tale deve rimanere – a farci rimanere male. È il “solo” che lo precede, che andrebbe cambiato. Perché, allora, qualsiasi cosa che faccia vibrare il cuore andrebbe chiamato con lo stesso appellativo. E con le emozioni non si gioca. Lo dice Shakespeare, ma lo sostengono anche in massa tutti coloro che, ogni weekend, indossano scarpini e parastinchi per “rincorrere un pallone”.
Provate a dirlo a Samuele Lago Mille, il “dieci” del Castello la cui parte finale del cognome mette in lettere la velocità simbolica dell’eccellenza. 22 anni ancora da compiere, una discreta esperienza tra Seconda Lega Interregionale, l’assaggio di Prima Lega e l’esplosione in Seconda. Luce e ombra di un Castello che non ha mai smesso di sognare in grande. Luce perché ispira, ombra perché – quando è in giornata – usa la stessa luce per prendersi i riflettori.
L’ultima prodezza è di quelle che difficilmente si riescono a spiegare: tacco rotante di prima intenzione per il compagno Gygax – un altro che negli uno contro uno può fare scuola – e via ad esultare. Così, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Roba che se la facesse qualcun’altro con il dieci sulle spalle in ben altri campionati farebbe il giro del mondo e intaserebbe il mondo social. Per fortuna, le telecamere di Margatv lasciano una traccia di una giocata da (Lago) Mille e una notte.