E se è vero che i figli assomigliano più ai loro tempi che ai loro padri, chissà cosa avranno provato nella serata di domenica i piccoli malati di pallone.
“Ma papà, perché tutte le partite si giocano stasera?”
E chissà quale cassetto di ricordi avrà aperto il genitore con indosso la maglia nerazzurra sponsorizzata “Misura” o “Pirelli”. Chissà se, con aria malinconica, il babbo con la maglia partenopea di quando era ragazzo avrà guardando sorridendo il “10” di Diego tatuato sul polpaccio.
Al di là di metafore ricoperte di velature emotive, la cronaca dice che domenica sera, 18 maggio 2025, nove partite su dieci di Serie A si sono giocate in contemporanea. Un evento che fino a quindici anni fa non avrebbe notizia ma che oggi rischia di ergersi a unicum. L’ultima giornata non conclusiva con tutte le bandiere in campo alla stessa ora è datata 10 novembre 2010. E senza far riferimento al Totocalcio, a 90 Minuto o, più recentemente a Diretta Gol, ieri sera ci siano resi tutti conto di aver respirato un’aria diversa. Per novanta minuti abbiamo tutti tolto lo scafandro e inspirato una boccata d’aria fresca. Un respiro forse più affannoso dettato dalla tensione di chi si giocava la salvezza, l’Europa, lo Scudetto, ma sicuramente un’aria più pulita. Sana.
Certo, i parametri economici vanno tenuti in considerazione. Certo, le tv pubbliche e private hanno la necessità di lottare per lo share giornaliero e settimanale. Ma per noi, ogni anticipo del venerdì alle 18, ogni spritz con gli amici interrotto perché “oggi è sabato, alle 18 c’è la partita”, ogni Torino-Empoli di lunedì sera, è una ferita al cuore. Una cicatrice a cui la velocità del mondo e del mondo del calcio non permette di rimarginarsi. E sono convinto che chi prende le decisioni non si può neanche attaccare al dogma secondo cui la contemporaneità svuota gli stadi, secondo cui la domenica pomeriggio frammenta il pubblico.
La verità è che la risposta del papà è stata una soltanto: “Non ce la faccio, figliolo, troppi ricordi”.
IG: @pallacepallanonce







