Non è del tutto vero che certi treni passano una sola volta. Non se ti chiami Mario Balotelli, che di stazioni e valigie fatte e disfatte qualcosina se ne intende. Diventato grande con l’etichetta di “Super Mario”, l’attaccante italiano l’ha disintregata pagando a caro prezzo eccessi e “balotellate” in ed extra campo. Insomma, bersaglio troppo fragile e troppo facile per chi cercava e ricercava in Mario Balotelli quell’attaccante da vestire di azzurro e sprecare paragoni per riempire un vuoto lasciato dai precedessori.
Eppure, Mario, “Super” sa tornarlo sempre. O quasi. Un po’ a piacimento, come gli sbalzi di una carriera che l’ha portato dal freddo di Manchester (sponda City) al gelo di Sion, senza dimenticare la proficua parentesi transalpina tra Nizza e Marsiglia.
Pensare a Mario Balotelli riporta alla mente sprazzi di talento forse mai coltivato davvero, ma pur sempre presente e innegabile, al netto di un carattere da domare e una carriera da rimettere in piedi per dribblare anche le sfaccettature più ingombranti della propria ombra. A 34 anni suonati l’ultima vera grande occasione: il ritorno in Serie A con la maglia del Genoa, per salvarlo e per salvarsi. Il 45 sulle spalle a ricordarci che 4+5 fa sempre nove. L’ultimo Balo – dice Gilardino – “ha il fuoco dentro”.
“Ho poco tempo e troppa fame”, è invece il cantericcio nella testa di Balotelli preso in prestito dalle parole di De André ne “Il pescatore”. Lasciare il segno segnando è invece l’ultima vera occasione per dare ragione a chi ha ha sempre visto più luci che ombre.