Il Breganzona sta vivendo una stagione solida e competitiva in Terza Lega gruppo 1, posizionandosi momentaneamente al quinto posto in coabitazione con il Comano. Entrambe le squadre sono a quota 20 punti, otto in meno della capolista Rapid Lugano. Tra i protagonisti indiscussi dei gialloblù spicca Jonathan Hayward, autentico trascinatore con 15 gol in 10 partite prima di quel “maledetto” 3 novembre, giorno in cui un infortunio lo ha costretto a un lungo stop che lo terrà lontano dai campi per quasi un anno. Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo per raccogliere le sue sensazioni dopo l’infortunio e celebrare una prima parte di stagione da incorniciare.
Il Breganzona chiude il girone d’andata al sesto posto e con la qualificazione agli ottavi di Coppa Ticino. Guardando al percorso della squadra finora, pensi che il bilancio sia positivo? Cosa è andato bene e dove credi ci sia ancora margine di miglioramento?
“Chiudere al sesto posto lascia sicuramente un po’ di amaro in bocca. Ancora una volta non siamo stati abbastanza incisivi nei momenti decisivi, e alcune sconfitte, a mio parere, erano evitabili. Detto ciò, sono molto orgoglioso dei miei compagni. Sono giovani, con ampi margini di crescita, ma hanno sempre dato il massimo. Probabilmente a me è mancata un po’ di maturità come capitano per dare quella scossa nei momenti critici, e questo è un aspetto su cui devo lavorare.”
15 gol in 10 partite: numeri da assoluto top player per la categoria, prima del tuo infortunio. Qual è l’aspetto più difficile da accettare in questo momento di stop forzato?
“È stata un’annata incredibile, mi sentivo in forma e tutto sembrava funzionare alla perfezione. La sfida con Stojanovic, che considero un giocatore fantastico, mi stimolava molto: sapevo che segnava quasi ogni weekend, e volevo tenere il passo. Poi, purtroppo, è arrivato l’infortunio. Il rimpianto più grande è per quello che questa stagione sarebbe potuta diventare, ma voglio tornare più forte e cercare di riprendermi tutto.”
Dopo una prima parte di stagione così brillante, quanto è frustrante non poter aiutare i tuoi compagni nei prossimi mesi? Come stai vivendo questa lontananza dal campo?
“All’inizio non ho realizzato subito la portata dello stop, forse anche per l’adrenalina e l’affetto ricevuto da tutti. Ma ora inizio a rendermene conto, e non nego che ci sono momenti in cui mi rattristo pensando a quanto dovrò stare lontano dal calcio. Al momento faccio fatica persino ad andare al campo: la voglia di giocare è ancora tanta, e la testa non accetta che per quasi un anno non potrò farlo. Tuttavia, cerco di ricordarmi che ci sono cose peggiori nella vita, e che ogni sfida è un’opportunità per crescere.”
Se ti senti a tuo agio nel parlarne, ci racconti cosa è successo quel giorno? Quali sono state le tue sensazioni immediate e cosa hai provato quando hai capito la gravità dell’infortunio?
“Il 3 novembre, durante un contromovimento, ho rotto il crociato anteriore e una parte di menisco, lesionando anche il legamento collaterale. Ho capito subito cosa fosse successo: il “crack” che ho sentito era inconfondibile. Conoscevo già l’entità di questo tipo di infortuni, purtroppo sono sempre più frequenti. Nonostante tutto, la mia prima domanda ai soccorritori è stata se avrei potuto andare in Argentina la settimana successiva! (ride, ndr) Alla fine, la vita va avanti.”
Qual è il tuo obiettivo per il rientro? Che tipo di percorso di recupero dovrai affrontare per tornare al meglio?
“A gennaio mi opererò, probabilmente alla clinica Balgrist, sotto la guida del Dr. Andrea Canonica, un chirurgo di cui mi fido molto. Spero di rientrare a settembre, anche se so che è un obiettivo ambizioso e dipenderà da come reagirà il mio ginocchio. Fortunatamente, ho al mio fianco un fisioterapista eccezionale, Ernest Makaj di FitLab, che mi sta aiutando tantissimo. La mia paura più grande? Vedere la mia gamba destra diventare un grissino!” (ride, ndr)
Con la tua assenza, la squadra perderà una figura di riferimento importante. Secondo te, chi dovrà prendersi più responsabilità in questa fase delicata?
“La squadra ha già grandi leader come Berisha, Bortoletto, Pedretti e Marques. Sono sicuro che il mio infortunio sarà un’opportunità per i più giovani di crescere e responsabilizzarsi. Penso, ad esempio, a Patrick Murer: è un gran giocatore, e credo che prenderà in mano la squadra togliendosi tante soddisfazioni.”
Guardando al futuro, ti vedi ancora protagonista con la maglia gialloblù? Hai ambizioni di giocare in categorie superiori o il tuo legame con il Breganzona è più forte di tutto?
“Il Breganzona è casa mia, seppur non letteralmente. Per ora non penso all’aspetto economico, ma a quello familiare: questa società e i miei compagni mi hanno fatto crescere, sia come calciatore che come persona. Le figlie dei miei compagni le considero nipoti, per capirci. Certo, ho grandi ambizioni e mi piacerebbe raggiungerle con questa squadra. In futuro, magari, cercherò anche il salto di categoria, ginocchio permettendo!” (ride)
Hai dimostrato di essere un leader sul campo. Durante il tuo recupero, pensi di poter aiutare la squadra anche fuori dal terreno di gioco?
“Spero di continuare a essere un punto di riferimento. Per ora, però, faccio fatica anche solo a guardare i compagni giocare: mi commuovo facilmente, perché il calcio significa tantissimo per me. Dopo l’operazione, cercherò di essere più presente, anche senza giocare, per supportare i miei compagni e aiutare i più giovani, come è stato fatto con me da Scarcella, Tagliati e Delli Paoli.”
Se dovessi scegliere una parola per descrivere la tua stagione fino all’infortunio, quale sarebbe? E una per ciò che speri dal tuo ritorno in campo?
“Prima dell’infortunio: Surreale, mentre per il mio ritorno spero sia Maturità.”
NON PERDERTI L’ALFABETO:
A come…Arbitro
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