Nel calcio, come nella vita, i giovani hanno bisogno di tempo. Tempo per crescere, per sbagliare, per imparare.
Ma soprattutto tempo per essere, senza la fretta di diventare qualcosa che ancora non sono.
Il calcio, in Ticino e non solo, è pieno di ragazzi che rincorrono un sogno su campi da calcio, dove ogni stop sbagliato e ogni gol mancato sono pezzi di un puzzle più grande.
Lo dice anche Cesare Cremonini in una famosa canzone: “Tutti vogliono essere Batman, ma nessuno vuole essere Robin”. Ecco, dovremmo ricordarci che essere Robin non è meno importante e soprattutto non così male: i giovani sono lì, dietro le quinte, pronti a fare il loro passo, senza la fretta di indossare la maschera del campione.
Il calcio non sempre è fatto di numeri, statistiche o classifiche: è fatto anche di scarpette sporche di fango, allenamenti sotto la pioggia e occhi pieni di speranza che brillano anche quando il risultato non conta. È una scuola di vita, dove si impara a cadere e a rialzarsi, a sbagliare un passaggio e a riprovarci, a perdere e a capire che la sconfitta non è mai la fine, ma solo un nuovo inizio.
E invece quanta fretta c’è attorno a loro: dobbiamo ricordarci che il talento non è un frutto da raccogliere subito, bisogna aspettare che maturi.
E allora, serve il coraggio di rallentare. Serve spazio per far sì che ogni errore diventi una lezione, niente di più.
Il calcio ma più in generale lo sport ha una grande responsabilità: dare tempo ai giovani per diventare grandi, non solo come giocatori ma come persone. E allora lasciamoli sognare, lasciamoli fallire, lasciamoli crescere.
Il futuro del nostro calcio non si costruisce con risultati immediati, ma con pazienza e visione, con la fiducia che questi ragazzi sapranno restituire ciò che oggi gli concediamo: spazio, tempo, possibilità.
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