Non si può restare indifferenti alla storia di Christian Eriksen. Non si può. E nemmeno si deve. Non lo siamo stati quando, rimbalzando di social in social, annunciammo al mondo – con il nostro piccolo portale – che l’allora centrocampista dell’Inter non aveva nessuna intenzione di mollare dopo l’arresto cardiaco a Euro21. A Chiasso,Eriksen preparava il rientro. Nei calci di punizione provati a “vuoto” sognava un giorno così. O forse semplicemente sognava di esserci, che già non è per tutti. Con un defibrillatore sottocutaneo a scandire il tempo delle nuove giornate, Eriksen provava e riprovava a dipingere un nuovo futuro, palla al piede s’intende. La brevissima tappa di Chiasso è stata il primo banco di prova vero.
Le prime sensazioni positive, la voglia di tornare a giocare. Ecco, allora, il Brentford nemmeno sette mesi dopo. La “bassa” Premier League prima di tornare di nuovo in grande con il Manchester United. Poi Manchester, sponda United, il ritorno con la maglia della Danimarca e la chiusura naturale del cerchio.
Millecento giorni dopo l’arresto cardiaco, Eriksen riabbraccia l’Europeo con un gol alla Slovenia. Una zampata che riporta alla mente le prime corse a Chiasso, quel “voglio tornare a giocare” detto senza nemmeno un velo di paura. “Il sapore questa volta – ha detto a fine partita il danese – è del tutto diverso”. Non fatichiamo a crederci. Anche le parole, a volte, possono sorridere. Un calcio a chi crede che le favole a lieto fine esistono solo nei libri. Un urlo silenzioso per fare capire al mondo che avere cuore può avere diversi significati.
Credit: EURO24 (UEFA)