Dopo aver chiuso la sua carriera da portiere con il Morbio nel 2013, Alberto Cecchetto ha trovato una nuova strada nel calcio, dedicandosi al ruolo di allenatore dei portieri e direttore sportivo. “Era una fase di cambiamento per me, ma l’entusiasmo non mancava: volevo restituire al calcio tutto ciò che mi aveva dato. Ho avuto la fortuna di collaborare con Giacomo Sapienza che mi è stato di grande supporto nella fase iniziale. I primi anni nel doppio ruolo sono stati intensi. Nonostante le difficoltà nel centrare la promozione, sono state gettate le basi di un progetto che ha visto il suo apice con l’arrivo di mister “Ciccio” Righi. “Con Ciccio abbiamo costruito qualcosa di speciale: il primo anno è arrivata la promozione in Seconda Lega, e poi abbiamo fatto grandi campionati, sfiorando più volte la Seconda Interregionale. Erano anni in cui il Morbio era una famiglia e lavorare ci dava grandi soddisfazioni. Vi faccio un esempio concreto: ricordo quando due giocatori, Pannone e Fiori, mi dissero che non potevano più giocare perché non riuscivano a permettersi l’affitto. Mi proposi di ospitarli a casa mia, per poi scoprire che era tutto uno scherzo organizzato da mister Righi”
Con la fine del ciclo Righi, Cecchetto ha affrontato nuove sfide. “Abbiamo avuto un accordo con il Collina d’Oro, ma all’ultimo qualcosa non ha funzionato, e ci siamo ritrovati senza squadra. È stato un momento difficile, ma mi ha permesso di riflettere su ciò che volevo davvero fare.”
Da lì la decisione di abbandonare il doppio ruolo per concentrarsi esclusivamente sull’allenamento dei portieri, ottenendo il diploma Keeper UEFA B.
Ha collaborato con diverse squadre, tra cui Coldrerio, Maroggia e Mendrisio, oltre a realtà italiane come l’Itala. “Allenare i portieri è sempre stata la mia passione”
Cecchetto parla con entusiasmo dell’evoluzione del portiere moderno: “Oggi un portiere non può essere solo un para-palloni. Deve leggere il gioco, anticipare le situazioni, essere parte integrante della squadra. Non basta fare una parata spettacolare, bisogna essere efficaci e utili. Proviamo a insegnare a tutti i nostri portieri a giocare con i piedi, a offrire soluzioni, a muoversi nell’area. Devono essere propositivi per la squadra.”
Cecchetto si ispira alla filosofia di Patrick Foletti, responsabile dei portieri delle nazionali svizzere. “Foletti ci ha insegnato che il portiere deve essere tatticamente consapevole. È fondamentale allenare situazioni reali di gioco, analizzare i gol e confrontarsi continuamente. È un lavoro stimolante e creativo.”
Attualmente, Cecchetto non collabora con alcuna squadra svizzera. La sua ultima esperienza, risalente ad agosto, è stata con il Taverne, dove però le cose non sono andate come avrebbe voluto. “C’è stato un grave disaccordo con il direttore sportivo, Pino Manfreda. Per me rispetto ed educazione devono venire prima di tutto: quando vengono a mancare questi principi fondamentali, non si può andare avanti. Ho lavorato solo un mese, ma ho trovato una società molto preparata. Ho avuto il piacere di collaborare con Vittorio Bevilacqua, che oggi è un valore aggiunto per questa squadra, e auguro loro tutto il meglio. Mi sarebbe piaciuto confrontarmi con il presidente, che reputo una persona degna e amante del calcio e del Taverne, ma purtroppo non mi ha mai richiamato. Questo è un po’ il mio cruccio: avrei voluto dire la mia.”
Anche nei suoi anni da direttore sportivo, Cecchetto non ha mai evitato le situazioni complicate: “Da direttore devi per forza fare delle scelte. Devi sempre trovare il modo e le parole giuste per affrontare determinate situazioni, per trattenere o mandare via un giocatore. E non sempre sono scelte popolari.”
Ricorda, in particolare, un episodio legato a Luca Belvedere. “Stava per diventare padre, e la sua vita stava radicalmente cambiando. Probabilmente io e Righi non abbiamo trovato le parole giuste, e c’è stato qualche attrito che poi il tempo ha sanato. La situazione particolare ha incrinato per un po’ la nostra amicizia, e mi è dispiaciuto tanto.” Un’esperienza simile è successa con Gabriele Censi, con cui ci sono stati momenti di tensione che però si sono risolti col tempo.
Tra i suoi tanti allievi, Cecchetto ricorda con particolare affetto Andrea Bosio, portiere del Morbio. “Andrea è un esempio. L’ho portato al Morbio dall’U21 del Lugano, e oggi è uno dei migliori portieri tra Seconda, Seconda Inter e Prima Lega. Ha educazione, voglia di migliorarsi e una professionalità rara.”
Oggi, il suo impegno continua con il settore giovanile dell’Alcione, squadra neopromossa in Serie C, e l’Itala, dove allena i portieri delle giovanili. “Il mio obiettivo è lasciare un segno, non solo tecnicamente ma anche umanamente. Voglio che i ragazzi ricordino non solo ciò che hanno imparato, ma anche come si sono sentiti.”